Aspetti problematici in ordine alla domanda di risarcimento danni in materia di responsabilità medica dopo la Legge Gelli-Bianco
La l. n. 24/2017, cd. Legge Gelli-Bianco, ha previsto quale condizione di procedibilità per la domanda in tema di responsabilità professionale medica e sanitaria il ricorso al procedimento per accertamento tecnico preventivo (ATP) ex art. 696 bis c.p.c., quale alternativa al procedimento di mediazione civile ex. d.lgs. n. 28/2010.
In particolare, l’art. 8, 1° comma della legge in commento, dispone che “chi intende esercitare un’azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’articolo 696 bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente”, continua al 2° comma stabilendo che “E’ fatta salva la possibilità di esperire in alternativa il procedimento di mediazione ai sensi dell’articolo 5, comma 1 bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. In tali casi non trova invece applicazione l’articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162”.
Appare chiaro, quindi, che chi voglia intraprendere un’azione civile in tema di responsabilità professionale medica viene posto dinanzi alla scelta tra due strumenti processuali alternativi, quali condizioni di procedibilità dell’azione di risarcimento danni: il ricorso per ATP ex. art. 696 bis c.p.c. o il tentativo di mediazione.
Soffermandoci sul primo dei due procedimenti, occorre, preliminarmente, menzionare l’art. 696 bis c.p.c. rubricato “Accertamento tecnico preventivo ai fini della composizione della lite”, il quale dispone che l’espletamento della consulenza tecnica preventiva possa essere richiesto anche al di fuori delle ipotesi di urgenza (periculum in mora), di cui all’art. 696 c.p.c., 1° comma, per accertare e determinare crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Ratio dell’istituto è, infatti, quella di auspicare una conciliazione ante causam tra le parti; la norma stessa espressamente prevede che “il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti”.
Figura centrale dell’istituto in esame è la quella del consulente tecnico (CTU), un medico nominato d’ufficio dal giudice per svolgere una consulenza tecnica di natura medica, uno specialista che ha il compito di accertare e quantificare il danno, oltre a tentare di conciliare le parti, prima del deposito della relazione.
Occorre evidenziale che l’ATP ex art. 696 bis c.p.c. è finalizzata anche ad anticipare una parte dell’istruzione della causa di merito, per la quale è necessaria (sarebbe necessario) disporre una consulenza tecnica al fine di accertare e determinare l’ammontare del danno, motivo per cui una parte della Dottrina lo qualifica come un procedimento istruttorio anticipato avente natura cautelare.
È proprio in quest’ottica che ben si spiega il disposto dell’art. 8 della legge Gelli-Bianco su richiamata, nel quale si legge che, qualora il procedimento di cui all’art. 696 bis c.p.c. proposto non si concluda nel termine di sei mesi, la domanda diventa procedibile, e se le parti non hanno trovato un accordo, il legislatore permette di preservare e salvare gli effetti della domanda formulata mediante la proposizione del ricorso ex art. 696 bis c.p.c. se, entro 90 giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, viene depositato il ricorso ex art. 702 bis c.p.c, introduttivo del giudizio di merito a cognizione sommaria.
L’obbligo, previsto dalla riforma Gelli- Bianco, di incardinare il giudizio di merito con rito semplificato ex art. 702 bis c.p.c. e ss. è giustificato dall’intenzione del legislatore di voler considerare l’ATP quasi come una fase istruttoria anticipata del (eventuale) giudizio di merito, per il quale sarebbe necessario disporre di una consulenza tecnica al fine di accertare l’entità del credito-danno “derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito”, motivo per cui, la consulenza tecnica preventiva ha carattere provvisorio e strumentale, non natura decisoria e definitiva. Ancora, la Dottrina e la Giurisprudenza maggioritaria sono inclini a considerare la consulenza tecnica prevista dall’art. 696 bis c.p.c. come non strumentale al successivo giudizio di merito, ma essa stessa uno strumento per evitare il giudizio di merito: dunque non “una prova prima del processo” o “una prova in vista del processo”, bensì “una prova in luogo del processo” (In tal senso cfr. Cass. S.U., n. 14301/2007).
Per completezza espositiva occorre menzionare che il quarto ed ultimo comma dell’art. 8 della legge su richiamata obbliga tutte le parti a partecipare al procedimento di cui al primo comma dell’art. 696 bis c.p.c., allo scopo di garantire l’integrazione del contraddittorio per tutti i soggetti individuati dall’attore-ricorrente come responsabili, e verso i quali si vorrà instaurare l’eventuale giudizio, comprese le imprese di assicurazione, “le quali hanno l’obbligo di formulare l’offerta di risarcimento del danno ovvero comunicare i motivi per cui ritengono di non formularla”.
Inoltre, sarà senz’altro parte l’impresa assicurativa in virtù dell’azione diretta del soggetto danneggiato nei confronti della compagnia assicurativa che potrà essere sia l’istituto che copre per tale tipologia di danni la struttura sanitaria pubblica/privata, nonché l’assicurazione del medico libero professionista citato, con conseguenziale litisconsorzio necessario nei confronti della struttura e del medico.
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